Organizzazione tradizionale del laicato cattolico per
collaborare, con e sotto la direzione della gerarchia ecclesiastica, all'azione
di apostolato. Nella sua accezione di contributo dei fedeli
all'evangelizzazione, si può dire che esista dai tempi apostolici;
intesa, invece, come struttura dei laici impegnati nell'apostolato, per
l'affermazione del Cristianesimo e della Chiesa nella società, essa
affonda le proprie radici in quei movimenti, quali le "Amicizie cristiane",
sorti in tutta Europa verso la fine del XVIII sec. e affermatisi nei primi
decenni del XIX sec. nel clima di controffensiva cattolica seguito alla
Rivoluzione francese e al periodo napoleonico. La restaurazione politica
comportò, infatti, anche una restaurazione da parte della Chiesa
cattolica, che nel 1815, cominciò a raccogliere i frutti della reazione
contro il razionalismo e il libero pensiero settecenteschi, identificati tout
court con gli ideali rivoluzionari. A sostegno della tradizione della Chiesa e
del conservatorismo politico intervennero uomini di cultura quali J. de Maistre
ed E. Burke. Dopo la Rivoluzione parigina del luglio 1830, la Restaurazione, con
il suo culto della tradizione cattolico-legittimistica, ricevette però un
colpo mortale i cui effetti si fecero sentire anche in Italia, dove un decennio
più tardi il cattolicesimo liberale cominciò ad affermarsi come
l'ideologia più realistica nelle particolari circostanze storiche che
ponevano la Chiesa di Roma come arbitro dell'unità nazionale italiana.
Nasceva così il movimento neoguelfo di Gioberti, mentre l'elezione del
cardinale Mastai Ferretti (Pio IX) come successore di Gregorio XVI, apriva un
periodo di grandi speranze, peraltro ben presto deluse, con conseguente crisi
del programma giobertiano. Il neoguelfismo aveva reso superflua la specifica
difesa degli interessi religiosi sul piano civile, pertanto nel decennio 1840-50
non si ebbero in Italia movimenti di
A.C. di rilevanza storica. Al
contrario, tra il 1848 e il 1860, si erano sviluppati nei maggiori Paesi europei
movimenti e organizzazioni del laicato per opporsi alla progressiva
scristianizzazione della società. In Italia, invece, anche negli anni
seguenti mancò la possibilità di dar vita a movimenti del genere
e, sino alla costituzione del Regno d'Italia nel 1860 e al sorgere della
"questione romana", ben pochi furono i segni di attività che potessero
inserirsi nel solco delle "amicizie cristiane", anche se non mancarono tentativi
di costituire movimenti di
A.C. su basi locali. Dopo l'unità
d'Italia, realizzata contro la volontà della Chiesa di Roma, l'idea di
costituire un'associazione che raccogliesse tutti i cattolici disposti a
difendere e a sostenere i diritti della Chiesa cominciò a farsi
particolarmente sentire. Nel 1865, a distanza di poco più di un anno
dalla pubblicazione del
Sillabo (1864), in cui Pio IX condannava il
pensiero liberale, lo stato di diritto, la libertà di coscienza e la
civiltà moderna, si costituì a Bologna la prima associazione
cattolica su basi nazionali, l'"Associazione Cattolica italiana per la difesa
della libertà della Chiesa in Italia" che però fu sciolta nel 1866
dal Governo. Rinacque col nome di "Società della gioventù
cattolica italiana", che nel 1874 organizzò il primo congresso dei
cattolici italiani in cui si pose mano alla costituzione di una entità
cattolica di più ampio respiro: l'"Opera dei Congressi e dei Comitati
cattolici". Sorta effettivamente solo nel 1875 come centro di raccolta dei
cattolici e delle loro associazioni locali, l'"Opera dei Congressi", pur
operando ai margini della vita politica vera e propria, portò il laicato
cattolico a organizzarsi, sotto la guida del clero, in una rete
associazionistica capillarmente estesa su tutto il territorio nazionale. Dal
campo dell'apostolato, essa spaziava in quello dell'assistenza mutualistica e
creditizia, sino ad abbracciare il vasto campo della cooperazione, attraverso
innumerevoli iniziative economiche e sociali, di tipo collettivistico, che si
affiancavano a quelle socialiste. Alle accuse di attaccare lo Stato e la
società moderna, i cattolici militanti rispondevano denunciando il
conservatorismo della classe dirigente liberale e l'incapacità di avviare
una politica popolare tale da rendere effettiva l'unità nazionale. Questo
intransigente "integralismo" portava però al rifiuto di una visione laica
dello Stato e a respingere le conquiste spirituali del mondo moderno, nella
convinzione di poter trarre un'ideologia politica organica, tale da comprendere
e risolvere i problemi sociali dell'oggi, solo dalle sacre scritture e dalle
encicliche pontificie. Tutto questo, sulla base di una visione teocratica che
auspicava, in prospettiva, una restaurazione del sistema che aveva dato i suoi
maggiori frutti durante quella "grande parentesi di civiltà" che era
stato il Medioevo. Tale concezione "intransigente", opposta a quella
"transigente" dei clerico-moderati che non rifiutavano la propria collaborazione
al nuovo Stato unitario, si rafforzò dopo l'elezione a pontefice del
cardinale Pecci (Leone XIII) che propugnava la realizzazione di un movimento
sociale cattolico, tale da elevare il prestigio della Chiesa nel mondo,
aprendola ai problemi del lavoro e ponendola alla guida della classi
lavoratrici. Nel 1891, Leone XIII emanò l'enciclica
Rerum Novarum
che rimase per molti anni un punto fermo per quei cattolici che auspicavano una
società cristiana, corporativa e interclassista, in contrapposizione alla
società e allo Stato borghese. Le alte gerarchie, per quanto sensibili
alle pressioni dei clerico-moderati, credettero opportuno avvallare per un certo
tempo l'intransigenza degli integralisti, pur manifestando un certo fastidio per
quegli atteggiamenti di rottura rivoluzionaria. Un forte attrito all'interno
dell'organizzazione cattolica aveva però cominciato a manifestarsi
già al congresso di Milano del 1897. Si fronteggiavano, da una parte, il
gruppo integralista che aveva controllato sin dalla sua nascita l'Opera dei
Congressi e le sue numerose attività sociali, sulla base di una visione
di stretta difesa della Chiesa contro lo Stato laico, e dall'altra il gruppo dei
giovani guidati da Romolo Murri, comprendente tra gli altri Luigi Sturzo, che si
dichiaravano "democratici-cristiani". Animati da uno spirito di eguaglianza
sociale, i giovani progressisti cattolici intendevano sollecitare la Chiesa
perché si impegnasse a un livello dichiaratamente politico per
riconquistare la società italiana al cristianesimo, sollecitandola
contemporaneamente perché rinnovasse la propria struttura e la propria
dottrina. Essi intendevano introdurre nel movimento cattolico il principio della
responsabilità e dell'autonomia dei militanti sul terreno
dell'attività sociale e politica, al fine di garantire alla Chiesa una
più attiva presenza nel mondo moderno. Tuttavia venne negata ogni
autonomia al movimento di questi giovani cattolici democratici, che fu
sottoposto all'autorità dei vescovi e rigidamente inquadrato nell'Opera
dei Congressi. Essa continuò a essere dilaniata dalle discordie interne
tra conservatori e innovatori, finché Pio X, eletto nuovo Pontefice, ne
decretò lo scioglimento nel 1904. Nel 1906 si tenne a Firenze un
congresso in cui furono approvati gli statuti della nuova
A.C., in
conformità con le direttive dell'enciclica
Fermo proposito e
compatibile con il desiderio della Santa Sede di avere un laicato controllato
dalle gerarchie, disciplinato, e diviso in branche di lavoro. Le varie
organizzazioni cattoliche, ormai di grande incidenza a livello sociale e
amministrativo, furono organizzate in
Unioni:
unione popolare,
unione economico sociale, che presiedeva la rete di cooperative, casse
rurali, sindacati cattolici,
unione elettorale, che assunse grande
importanza da quando, con il patto Gentiloni del 1913, ebbe fine l'astensionismo
cattolico in politica. Nel 1922, quando ormai tutti i partiti, compreso quello
popolare sturziano, stavano per essere definitivamente schiacciati dal regime
fascista, vennero approvati da Pio XI gli statuti che riducevano a un'unica
organizzazione le varie associazioni separate di
A.C.: Gioventù
cattolica, Federazione universitaria, Federazione uomini cattolici, Unione donne
cattoliche, Gioventù femminile cattolica, Fanciulli cattolici, sotto la
salda guida dei vescovi nelle varie diocesi. Nasceva così la vera e
propria
A.C. su basi strutturali che si sarebbero conservate nelle loro
linee fondamentali sino al secondo dopoguerra: configurato sulla base delle
circoscrizioni ecclesiastiche, il nuovo organismo, che presentava una struttura
a piramide (Consigli parrocchiali, Giunte diocesane, Giunte centrali), era
ufficialmente affidato a elementi laici, anche se di fatto, soprattutto alla
base, la presenza degli assistenti ecclesiastici si trasformava spesso in
effettiva presenza direttiva. Negli anni seguenti, in molte province, le
associazioni diocesane di
A.C. ebbero uno sviluppo eccezionale, anche in
seguito all'adesione di elementi che in esse trovavano l'unico modo di svolgere
un'attività al di fuori del controllo fascista. La stipulazione dei Patti
lateranensi nel 1929 assicurò all'
A.C. il diritto di esistenza col
suo riconoscimento nell'articolo 43. Contro di essa però, Mussolini
lanciò nel 1931 un violento attacco, costringendo papa Pio XI a ridurre
l'attività delle organizzazioni cattoliche e ad apportare modifiche
restrittive agli statuti del 1922. Il Fascismo, infatti, volendo avocare a
sé solo la formazione dei giovani, assorbì i settori giovanili
nell'organizzazione statale dei Balilla, che prevedeva la presenza di cappellani
per l'educazione religiosa. L'
A.C. avrebbe invece avuto maggiore
autonomia per quanto riguardava il suo apostolato religioso, purché fosse
articolata solo su base parrocchiale e diocesana e non professionale e
corporativa. Ulteriori limitazioni furono stabilite nel 1939 da Pio XII, che
affidò la direzione dell'
A.C. a una commissione centrale,
costituita da tre vescovi, assistiti da un segretario con titolo e funzioni di
assistente ecclesiastico generale. Caduto il Fascismo l'
A.C.
intensificò la propria attività, estendendola dal campo
strettamente religioso a quello sociale e politico e, con gli statuti del 1946,
pur riaffermando la propria unità fondamentale, dava vita a varie
organizzazioni collaterali, prime fra tutte le ACLI, affidandone il
coordinamento alla CEI (Conferenza Episcopale Italiana). Nel periodo successivo,
l'
A.C., insieme con le sue organizzazioni collaterali, affiancò la
Democrazia Cristiana, potendo contare su un'organizzazione efficiente e
capillare e avendo una parte di primo piano nel successo elettorale
democristiano dell'aprile 1948, cui contribuì anche la costituzione di
comitati civili sotto la direzione del medico Luigi Gedda invano osteggiato da
dirigenti più illuminati quali Carlo Carretto e Mario Rossi, presto
emarginati. Pio XII, nel 1951 ampliò il concetto di
A.C.,
supponendo diversi gradi di dipendenza dalla gerarchia ecclesiastica per diverse
forme di organizzazioni, giacché l'apostolato dei laici non doveva essere
monopolio dell'
A.C. ufficiale, che però restava il prolungamento
diretto dell'azione dei vescovi. Durante gli anni Cinquanta l'
A.C. nelle
sue varie branche, che le assicuravano il controllo di vasti settori della vita
pubblica italiana, giunse a contare oltre tre milioni di iscritti, distribuiti
in 80.126 sezioni. Un graduale rinnovamento si ebbe solo dopo l'avvento al
soglio pontificio di Giovanni XXIII, con l'estromissione dalla presidenza
generale (1959) di Gedda, uno dei fautori più accesi dell'integralismo
cattolico in netta funzione conservatrice. Verso la metà degli anni
Sessanta, con l'assunzione della presidenza da parte del professor Bachelet
(1965), affiancato da monsignor Costa come assistente generale, l'
A.C.
cominciò a svolgere un interessante momento di apertura alle idee
conciliari, portatrici di una grande rivalutazione del ruolo del laicato. La
riforma del 1969 superò la divisione in "rami" per semplificare
l'
A.C. vera e propria in un settore giovani e in uno adulti organizzati
su base nazionale, diocesana e parrocchiale. Dalla fine degli anni Ottanta,
l'
A.C. si è fatta portavoce della necessità di moltiplicare
i momenti di incontro e riflessione sul rapporto tra Chiesa, associazioni laiche
e società italiana, soprattutto a partire dalle due assemblee nazionali
del 1986 e del 1989. In Europa sono varie le strutture e le forme di
A.C., in linea generale maggiormente centralizzate nei Paesi neolatini e
decentrate in quelli anglosassoni. L'
A.C. è molto sviluppata anche
nei Paesi dell'America Latina. Dappertutto è sempre fondamentale il
diretto impulso dei vescovi a qualsiasi attività intrapresa dalla
associazione.